Uno spazio di dibattito nato dal basso, nell'ambito della coalizione "Italia Bene Comune"

Il 18 febbraio, su iniziativa di alcuni operatori dei beni culturali, si è tenuto a Roma l’incontro “Un futuro per i beni culturali”, organizzato dalla coalizione Italia bene comune: 18 relatori, almeno 150 partecipanti e quasi 4 ore di appassionato dibattito.
Abbiamo deciso di aprire questo blog per proseguire e approfondire lo scambio di idee su come costruire una nuova politica per i beni culturali. Stiamo inserendo le relazioni presentate il 18 e alcuni contributi circolati in preparazione dell'incontro e di un precedente incontro che avevamo organizzato in modo più "casereccio" a gennaio. Speriamo in futuro giungano nuovi approfondimenti e contributi alla discussione.

Abbiamo aperto anche la sezione Iniziative per i beni culturali dove vorremmo riunire l'indicazione di tutti i siti, gli incontri, le proposte sui beni culturali lanciati negli ultimi tempi. Questa moltiplicazione di iniziative è una forte spia di quanto il problema sia sentito e prossimo a esplodere ma provoca anche una dispersione di energie che rischia di rimanere inefficace. La nostra ambizione è riunire tutte le voci in un unico dibattito.


lunedì 18 febbraio 2013

Alberta Campitelli

Beni Culturali: un punto di vista dalla Sovrintendenza di Roma Capitale
La città di Roma, unica nel nostro paese, ha una sua Sovrintendenza, erede di quella pontificia e quindi più antica di quelle statali, una per tutto il patrimonio, molto vasto ed eterogeneo che comprende musei ( 20 di diverso peso, dai Musei Capitolini al piccolo e misconosciuto Museo Pietro Canonica), siti archeologici di enorme importanza (tra i quali le Mura Aureliane ed il Teatro di Marcello), ville e giardini storici (42, tra cui Villa Borghese, Villa Pamphilj e Villa Torlonia),
centinaia di Fontane monumentali (tra le altre Fontana di Trevi, le Fontane di piazza Navona, ecc..), migliaia di arredi storici (statue, busti, monumenti, ecc.).
Il personale che vi opera –archeologi, storici dell’arte, architetti, operatori beni culturali, ecc..- vive una situazione sempre più frustrante e le risorse a disposizione sono sempre di meno, basti pensare che nell’anno 2012 per la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutto il patrimonio sommariamente ricordato, si avevano a disposizione due milioni di euro. Nel bilancio del Comune di Roma, su un totale di 7 miliardi di euro, solo 180 sono per la cultura in tutti i suoi aspetti, compresi i contributi al Teatro dell’Opera, a Santa Cecilia, ecc. 
I problemi sono in larga parte analoghi a quelli che vivono i colleghi del Mibac, ma vale la pena puntualizzarli:
  1. Depauperamento del personale ed invecchiamento, mancato ricambio generazionale e quindi nessuna trasmissione di esperienze e competenze. Il personale di Sovrintendenza in dieci anni è dimezzato, da 700 unità a meno di 400, e l’età media è ormai al di sopra dei 55 anni.
  2. Conflittualità di competenze tra Stato, regioni ed enti locali. La modifica del Titolo V della Costituzione ha prodotto una conflittualità sempre crescente, quando proprio in un periodo di crisi come questo sarebbe necessario unire le forze, fare sistema e sfruttare al meglio le poche risorse disponibili, senza divisioni di appartenenza.
  3. Svilimento delle professionalità: fino agli anni Novanta in Sovrintendenza vi erano dieci dirigenti tra archeologi e storici dell’arte. Attualmente vi è un solo dirigente archeologo ed un solo dirigente storico dell’arte, in quanto a seguito dei pensionamenti le direzioni vacanti sono state affidate ad architetti: un architetto dirige i Musei medioevali e Moderni, un architetto dirige i Monumenti di Roma (Beni archeologici e medioevali e moderni), un altro architetto dirige il settore del restauro, delle mostre, delle occupazioni di suolo pubblico. Le altre direzioni vacanti sono state eliminate con accorpamenti. A questa situazione della Sovrintendenza fa complemento quella dell’Archivio Storico Capitolino, diretta in passato da archivisti di rinomanza internazionale, oggi diretta da un amministrativo. Non è una questione di valore delle singole persone (nei casi citati tutti validissimi e competenti, ma nel proprio settore) ma di professionalità. Purtroppo è una tendenza generalizzata, tanto che ICOM Italia, l’associazione dei professionisti museali dell’UNESCO, già da tempo ha sollevato il problema.
  4. Mortificazione del personale interno: su sette dirigenti nel settore beni Culturali in totale, uno è esterno e il Sovrintendente è un esterno, inoltre in analogia con il Mibac, è stata introdotta una struttura verticista con tre direttori di area che coordinano gli altri cinque dirigenti!!! 
  5. Diversa procedura nell’accesso nei ruoli rispetto allo Stato: nei concorsi in atto per l’assunzione di 14 archeologi e di 20 storici dell’arte (il primo da oltre 30 anni) il titolo di accesso richiesto è la laurea triennale. Per il concorso di Dirigente Beni Culturali espletato nel 2005, il primo a memoria d’uomo, il titolo per l’accesso era la semplice laurea, anche in medicina, sufficiente per dirigere, ad esempio, i Musei Capitolini. 
  6. Rapporto non chiaro con la Società Zetema, di proprietà comunale, che sulla base di un appalto di servizi, gestisce i musei, le attività espositive, i restauri, gli eventi, per il Comune di Roma. Zetema che all’origine, dieci anni fa, aveva 300 dipendenti, ha ora superato il migliaio, a fronte del dimezzamento del personale della Sovrintendenza. A questa crescita corrisponde una continua erosione di competenze, Zetema non si configura come società di servizi ma come vero e proprio organo decisionale: stabilisce il personale da assegnare alla guardiania dei musei, senza alcun rispetto per gli standard, trasferisce personale anche con il parere contrario dei dirigenti comunali, in molti casi decide quali mostre finanziare e quali no, ecc…
    E’ evidente la mancanza di regole chiare e distinzioni dei ruoli che produce una continua conflittualità. 
  7. Concezione del patrimonio come fonte di reddito e non valore culturale di per se’, ed uso disinvolto per iniziative private, come l’arredo di negozi di lusso per le festività natalizie con materiali archeologici di proprietà comunale, oppure l’allestimento a spese di Zetema (e cioè del Comune) di uno spazio espositivo all’interno di un centro commerciale di Ostia, con mosaici di proprietà comunale, ad ingresso libero, a tutto vantaggio dei commercianti ma con costi a carico del Comune e personale di custodia sottratto ai musei.
  8. Concezione del patrimonio diviso tra “oggetti” maggiori fonte di introiti e quindi da valorizzare e “oggetti” minori poco redditizi da penalizzare. I musei minori, ad esempio, hanno orari sempre più ridotti (dal 1 ottobre 2012 alcuni di essi, quali Barracco, Canonica e Bilotti, hanno l’orario di apertura dimezzato) e sempre meno personale e risorse.
  9. Uso disinvolto dei musei come luoghi per iniziative senza alcun rapporto con le collezioni, quali da ultimo la manifestazione Ciok in Roma, allestita presso lo splendido Museo della Centrale Montemartini, con decine di bancarelle nell’area e, all’interno delle sale, tra le sculture antiche, pannelli e video con filmati sulla storia del cioccolato…. vi invito a vedere il sito.
  10. Chiusura (con poche eccezioni) ai contributi provenienti dal cosiddetto “Terzo settore”: i musei, i siti archeologici e monumentali erano custoditi e monitorati, fino a dieci anni fa, da centinaia di volontari. La collaborazione è stata interrotta perché considerata conflittuale con Zetema.

A conclusione di questo sintetico cahier de doleance, ecco alcune proposte:


  • ridefinizione dei rapporti Stato Comune e attivazione di sinergie, messa in rete del patrimonio in modo che beni più attrattivi siano traino per quelli minori;
  • ridefinizione dei rapporti con le società strumentali, richiamando in capo all’amministrazione le responsabilità decisionali e progettuali;
  • criteri chiari e trasparenti nei rapporti con i privati (sponsor, mecenati, e quant’altro) e con le Fondazioni partecipate;
  • rafforzamento del valore identitario del patrimonio, come elemento di aggregazione e di inclusione sociale;
  • recupero dell’identità dei luoghi e utilizzo consapevole e rispettoso in armonia con la loro natura;
  • valorizzazione di TUTTO il patrimonio, senza distinzioni tra beni maggiori e minori;
  • incremento dei fondi per la manutenzione, evitando interventi che nel giro di pochi anni, per assenza di manutenzione, vengono vanificati;
  • valorizzazione delle professionalità interne e rispetto dei ruoli e delle competenze;
  • riattivazione dei rapporti di collaborazione con il “Terzo settore” sul modello di quanto di recente avviato con il TCI.

Alberta Campitelli
Dirigente Beni Culturali
Sovrintendenza di Roma Capitale

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