Uno spazio di dibattito nato dal basso, nell'ambito della coalizione "Italia Bene Comune"

Il 18 febbraio, su iniziativa di alcuni operatori dei beni culturali, si è tenuto a Roma l’incontro “Un futuro per i beni culturali”, organizzato dalla coalizione Italia bene comune: 18 relatori, almeno 150 partecipanti e quasi 4 ore di appassionato dibattito.
Abbiamo deciso di aprire questo blog per proseguire e approfondire lo scambio di idee su come costruire una nuova politica per i beni culturali. Stiamo inserendo le relazioni presentate il 18 e alcuni contributi circolati in preparazione dell'incontro e di un precedente incontro che avevamo organizzato in modo più "casereccio" a gennaio. Speriamo in futuro giungano nuovi approfondimenti e contributi alla discussione.

Abbiamo aperto anche la sezione Iniziative per i beni culturali dove vorremmo riunire l'indicazione di tutti i siti, gli incontri, le proposte sui beni culturali lanciati negli ultimi tempi. Questa moltiplicazione di iniziative è una forte spia di quanto il problema sia sentito e prossimo a esplodere ma provoca anche una dispersione di energie che rischia di rimanere inefficace. La nostra ambizione è riunire tutte le voci in un unico dibattito.


lunedì 18 febbraio 2013

Dimitri Brunetti

Nel condividere appieno le istanze e le preoccupazioni che hanno portato la Coalizione e i singoli promotori ad organizzare questa iniziativa, prova generale per un vero cantiere di discussione e di idee, devo precisare che questo mio contributo fa riferimento principalmente all’esperienza di lavoro presso la Direzione cultura della Regione Piemonte.




Investimenti

 Se nel 2006 o nel 2007 il valore del bilancio regionale della cultura era 100, ora è più o meno 35. Una riduzione drastica, ancora più grave se diamo retta ad alcuni indicatori che evidenziano una diminuzione percentuale più marcata rispetto a quella imposta dalla crisi ad altri settori, così che la cultura probabilmente è stata un po’ troppo penalizzata.

Comunque, pur accettando questa calo di disponibilità, occorre rilevare che i tagli non sono stati applicati nella stessa misura fra le varie voci di bilancio, piuttosto ci si è spesso orientati verso l’abbandono di interi segmenti mantenendone altri. Sono state sostenute le attività che potevano creare consenso e partecipazione, intanto gli investimenti sono stati progressivamente ridotti fino al loro sostanziale azzeramento. Così mentre la spesa corrente ha permesso fino ad ora il mantenimento di talune iniziative, sono stati interrotti gli interventi di catalogazione e di conservazione, indirizzati sia ai beni culturali, sia agli istituti e ai luoghi della cultura. E così è successo anche per gli investimenti sulla costruzione di sistemi innovativi di accesso, dell’offerta sul web e di oggetti digitali.

Occorre però rilevare che gran parte di ciò che oggi si può fare è frutto di investimenti passati, che i buoni risultati del turismo culturale sono stati costruiti con molti anni di lavoro di descrizione e custodia condotto lontano dai riflettori, la cui interruzione farà si che presto la stessa offerta culturale decada e si riduca, anche a Torino, città dell’arte contemporanea, del cinema e delle grandi conquiste.

È indispensabile quindi che si ricominci a guardare alla cultura in senso ampio, attuando una netta inversione della rotta seguita in questi anni, adottando un piano di investimenti che coinvolga tutti i beni culturali, al pari di quelli in altri settori pubblici. Una nuova stagione che veda le Regioni e il Ministero che investono in cultura, nei beni e nelle persone.

Però la riduzione delle risorse non ha portato con sé solo aspetti negativi. Oggi si ha una maggiore consapevolezza del valore del denaro e del lavoro. Si fa più attenzione a come si impegnano i soldi, si valutano i progetti con maggiore cura e, se tutto procede come deve, la scelta ricade sugli interventi necessari e meritevoli e sullo sviluppo di idee innovative. Perché, al contrario di quanto si possa credere, il territorio esprime una ricchezza e una vivacità ancora palpabile sulle quali bisogna investire.


Reti e sistemi

 Nel ricercare un uso più attento delle risorse credo sia necessario incentivare la formazione di reti e di sistemi integrati per la fruizione dei beni culturali, sostenendone anche lo sviluppo e monitorandone l’attività. Nei beni culturali ci sono già buone esperienze di sistemi fra le biblioteche, ma certamente questa è una strada da percorrere sia in funzione di una seria collaborazione fra soggetti diversi che condividono obiettivi comuni, sia per offrire servizi culturali di qualità al cittadino.


Pubblico e privato

E se fino ad ora ho fatto cenno solo alle risorse pubbliche, non è perché credo che la cultura si faccia unicamente con i soldi pubblici, ma sono convinto che la partecipazione dei soggetti privati non possa essere usata come alibi per derogare alle proprie responsabilità. Prima lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni sostengano in modo sufficiente i beni culturali nazionali, poi il privato potrà collaborare alle attività di conservazione e di promozione.


Stato e Regioni

Credo davvero che l’Italia che uscirà dalla crisi sarà un Paese diverso. In questo percorso ritengo sia necessario approfondire la riflessione sul rapporto di cooperazione fra il Ministero, le Regioni e gli altri enti pubblici.
Occorre accentuare la cooperazione tra Stato e Regioni, definendo più chiaramente i rispettivi compiti sia nei termini della programmazione nazionale e territoriale, sia nella gestione dei presidi e delle risorse, in modo anche da evitare sovrapposizioni o vuoti. Si potrebbe utilmente incentivare il coordinamento delle funzioni tra Stato e Regioni e sviluppare una progettualità integrata su obiettivi comuni, nella tutela, nella valorizzazione, nei servizi. Bisognerebbe anche snellire un sistema burocratico opprimente che rallenta molto il ruolo propulsivo delle Regioni.

Lavoro

E poi il lavoro. Per anni abbiamo detto ai ragazzi che la cultura avrebbe dato loro occupazione. Che il mondo della cultura aveva bisogno di persone preparate. E così tante famiglie hanno investito nell’istruzione dei figli. Tanti giovani si sono impegnati e hanno studiato duramente. L’Università si è organizzata e ha offerto percorsi ben fatti, così come altri soggetti formativi. E ora? E ora cosa offriamo a questi ragazzi, a queste famiglie? Oggi non c’è lavoro e quasi nessuno di quelli che a partire da una decina di anni fa ha avviato un suo percorso professionalizzante nel mondo della cultura oggi ha lavoro. A loro offriamo stages, volontariato o poco altro. Così questi stessi ragazzi non possono crescere, farsi una famiglia, rendersi utili, e intanto il mondo della cultura sta perdendo, insieme ai suoi beni culturali, il talento, la professionalità e la passione di una generazione.




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