Bilancio MiBAC
Sulla
povertà del bilancio MiBac si sono ormai spese molte parole. Il livello ora
raggiunto è ben al di sotto della decenza ed è inutile insistere.
Va
però sottolineato che esistono alcune modifiche possibili anche senza
incremento dei fondi: la prima e fondamentale è quella di dare
certezza agli stanziamenti
che allo stato attuale costituiscono una sorta
di variabile dell’ultimo minuto (a gennaio inoltrato) che non consente alcuna
forma sensata di programmazione ma costringe ad un inseguimento delle emergenze
senza la possibilità di una pianificazione adeguata degli interventi. Questa
situazione è anche, insieme ad altri fattori, responsabile del perdurare di
residui passivi, determinati in molti casi dai tardivi accreditamenti (mai prima
dell’estate, quando va bene).
Privilegiare
i finanziamenti ordinari, non quelli straordinari, spesso dedicati a grandi
progetti mentre resta non finanziato
quello che è il cuore della tutela: l’attività ordinaria di manutenzione e
conservazione. Caso Otto per mille, niente ai beni culturali da due anni,
impossibilità di effettuare interventi urgenti e fondamentali non affrontabili
con fondi ordinari; assistiamo a un paradosso : per riparare danni spesso
dovuti a mancata manutenzione del territorio penalizziamo gli interventi
conservativi sui beni culturali che, in caso di calamità, subiranno ulteriori
danni per i problemi strutturali maturati per mancati interventi ordinari.
Va
poi presa in esame la logica dei tagli che spesso è determinata da una valutazione
delle spese del tutto particolare, molto seguita anche dal governo “tecnico”: si
taglia drasticamente lo stanziamento per le spese di funzionamento, come se gli sprechi fossero
tutti dovuti alle lussuose condizioni di vita negli uffici, si taglia anche ma
proporzionalmente meno l’investimento. A
prescindere dal fatto che alcune spese mantenute nella loro forte incidenza sul
complesso del bilancio andrebbero meglio analizzate: penso ad esempio alle politiche per i sistemi informativi che pesano
non poco sul nostro bilancio. Ciò è dovuto anche e soprattutto all’assenza di
personale professionalmente competente nei ruoli del Ministero. In passato si
era attuata, almeno nel nostro settore,
una politica di affidamento della
creazione e gestione dei sistemi a centri pubblici di eccellenza (per esempio
Università) con costi contenuti e ottimi risultati. Sono state poi privilegiate
ditte private con aumento estremamente
significativo dei costi e talvolta
risultati discutibili.
Ma
parliamo delle spese di funzionamento: non si comprende come si tratti di spese
funzionali all’esercizio della tutela.
Alcuni esempi: spese di missione sempre
tagliate e ridotte drasticamente nel 2013 a livelli improponibili proprio per quei
centri di spesa (Direzioni Generali centrali) che svolgono servizio ispettivo
sul territorio tramite le Soprintendenze. DG Archivi: 33.575,00 per tutti gli Istituti (interim
compresi) contro i già insufficienti 50.014 del 2012, DG beni artistici e
storici , architettonici ecc. 81.611,00 per
una quantità di Soprintendenze diverse,
contro 93.073,00 dello scorso anno.
Una
nota a parte merita il discorso degli incarichi di direzione ad interim: i loro
costi in termini di spese di missione e in termini di minore efficienza di
direttori costretti a peregrinare fra più sedi, anche lontane fra loro, e di
istituti parzialmente abbandonati alla buona volontà di chi ci lavora, sono il risultato di una dissennata politica
di blocco del turn over che nel nostro Ministero si sta rivelando suicida.
Spese
per canoni di acqua, luce, gas: ancora ridotti: DG Archivi da 3.832.000 a circa
3.000.000 per tutti gli Istituti ; DG Biblioteche da 2.186.593 a 1.446.794. Più
limitati (ma non assenti) i danni per il settore dei beni artistici e storici. I “tecnici” hanno capito che i musei hanno
necessità di luce, riscaldamento, antifurto. Ma forse non è altrettanto chiaro che
i depositi di materiale cartaceo e pergamenaceo (archivi e biblioteche) vanno
adeguatamente climatizzati? Nello scorso mese di dicembre l’Archivio di Stato di
Torino è stato costretto a chiudere una delle sue due sedi nella settimana fra
Natale e Capodanno per mancanza di fondi per le spese di riscaldamento degli
uffici e della sala di studio pur mantenendo la climatizzazione dei depositi.
Ancora
funzionamento: caso dell’Istituto Centrale Beni Sonori e Audiovisivi passato da 114.000,00 euro a 74.000,00 circa. Con il
decreto di luglio era stato direttamente soppresso, ora, salvato dopo una
valanga di proteste, viene solo parzialmente abbattuto. Ed è l’unico istituto
nazionale adeguatamente attrezzato per la conservazione del materiale sonoro
analogico e digitale. Conservazione che costa, come è noto.
Si parla molto di formazione: nelle spese
di funzionamento rientrano quelle per le Scuole di archivistica, paleografia e
diplomatica. Formare bravi archivisti (aggiornando i programmi di queste scuole
e dotando il corpo docente di nuove professionalità anche in accordo con le
Università) è strategico sotto molti punti di vista e non solo quello relativo
alla conservazione e gestione della documentazione più antica: i riflessi di una buona formazione archivistica
ricadono direttamente sulla gestione dei pubblici uffici. Per dematerializzare la gestione documentale (quella che in bocca a
certi politici sembra la panacea di tutti i difetti della p.a.) servono
archivisti competenti! Stanziamento 2012: 23500 euro circa (e già fa ridere), stanziamento
2013: 15.000,00. No comment.
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